lunedì 10 settembre 2007

L'ultima utopia

Ormai è chiaro ai più che il mostro economia percorre indisturbato le sconfinate pianure della globalizzazione, divorando, setacciando, scartando le eccezioni e le nicchie, defecando prodottti ben confezionati dal discutibile valore commerciale ed etico.
Chi cammina col mostro è dentro.
Chi non lo fa, conserva temporaneamente la sua nicchia, in attesa di essere prima o poi divorato, setacciato, smembrato per entrare a far parte delle sue feci dal discutibile valore.

Tolta l'utopia di conservare la propria identità socio-culturale, la propria unicità e i caratteri distintivi, cade l'utopia di costituire un'isola di diversità nel panorama dell'uniforità globalizzata.
E, signori, se un Paese come l'Italia, con la sua assoluta unicità a livello mondiale per ricchezze ambientali e culturali, non riesce nonostante tutto a ergersi come un faro in questo mare di cacca economica globalizzata, allora siamo messi proprio male.
Probabilmente l'unica isola di civiltà incontaminata resterà l'Africa, con le sue peculiarità ambientali e culturali, senza ecomostri né conquistadores...
In questo senso è quasi un bene che l'Occidente globalizzato si interessi relativamente poco al continente nero.

Ma comunque, tornando a noi...

La nostra attenzione, tolti i temi economici, non può far altro che riversarsi nei temi sociali.
Anche qui, cosa tipicamente italiana, siamo in grado di fare un'accozzaglia gigantesca di aspetti politici, etici, di interessi, di chiacchiere di facciata ecc.
E come al solito nel meraviglioso meccanismo qualcosa si inceppa e non si va più né avanti né indietro.

Prendiamo la questione immigrazione.
Stiamo ancora lì a menarcela sull'idea che tutti quelli che entrano o provano ad entrare in Italia sono gli "ultimi" (ora va di moda questo termine), e che pertanto è umanamente ingiusto sbattergli cordialmente la porta in faccia.
Sul principio sono d'accordo anch'io.
Ma ancora una volta, come ho già scritto riguardo la questione dei lavavetri ai semafori, trovo singolare che si utilizzi questa motivazione come pretesto per giustificare l'assoluto lassismo verso una problematica urgente!

Quindi cosa facciamo: perché questi sono gli "ultimi" dobbiamo continuare all'infinito ad essere tolleranti? A dover sopportare campi nomadi che non sono centri di accoglienza ma ricettacoli di sporcizia e degrado, fucine di micro-criminalità più o meno organizzata, centri di riciclaggio di rifiuti urbani, fonderie a cielo aperto di rame trafugato e rivenduto... e chi più ne ha più ne metta?
E perché? Perché!?

Probabilmente a livello internazionale non ci sono soltanto accordi commerciali ed economici: personalmente sono convinto che sia in qualche modo consentito tutto questo afflusso di immigrati, più o meno clandestini, salvo poi mettersi al riparo dalle critiche parlandone tanto ma facendo, all'atto pratico, zero.

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